Essere – e non fare – il Consulente Patrimoniale

In epoca di hashtag, se si volesse identificare questo 2020 potremmo utilizzare #fragilità.

Quando tutto sembrava andare per il meglio, quando ci sentivamo sicuri nei nostri lavori e progetti è arrivata questa scure a cambiare le regole del nostro tempo.

La crisi in corso ha modificato gli scenari e ha aperto quelle crepe e evidenziato quelle fragilità che pensavamo invece di non avere.

 

Qui entra in gioco il consulente patrimoniale: certo, ma come?

Può mai risolvere la pandemia? No.

Può mai eliminare le fragilità? Neppure.

E allora?

 

A volte bisogna partire da molto lontano per trovare le risposte.

La parola patrimonio deriva dall’unione di due lemmi latini, pater e munus, ossia il dovere del padre. In pratica era patrimonio tutto ciò che il padre lasciava ai figli. Il concetto di famiglia è insito quindi nello stesso patrimonio.

Possiamo affermare che quando si parla di patrimonio, il richiamo è anche alla famiglia, quale insieme di persone legati da un sistema di valori e affetto, beni materiali e immateriali.

 

Il consulente patrimoniale è il custode di questo macrosistema: è consulente perché consiglia, incoraggia, indirizza e programma la famiglia nei suoi obiettivi, progetti e quindi la accompagna nel presente e nel futuro.

 

In concreto, che cosa significa essere consulente patrimoniale?

Osservare con attenzione e dall’alto le esigenze del Cliente e schematizzare quali sono i gap e quali sono le soluzioni.

  • Gli ultimi report a disposizione ci restituiscono uno scenario complesso dal punto di vista previdenziale: si sta riducendo sempre di più il rapporto tra numero di pensionati e occupati. Inoltre, un pensionato su 3 vive con meno di mille euro lordi al mese. Corretto quindi programmare con i nostri clienti e con i loro figli, una soluzione di previdenza integrativa che supporti una tra le fasi del ciclo di vita più delicate: la vecchiaia.

Le ultime statistiche (ricerca Einaudi 2020 sul risparmio e sulla liquidità delle famiglie italiane) mostrano una crescita del risparmio precauzionale, ossia quello accumulato per il “non si sa mai”.

  • Risparmio e liquidità: è un binomio che la famiglia deve imparare a gestire proprio con il supporto del Consulente patrimoniale. La decisione di avere un salvadanaio è senza dubbio saggia ma a patto di non perdere ricchezza finanziaria: spazio anche agli investimenti.
  • Su questo punto, quello degli investimenti, il Consulente patrimoniale deve fare il patto con i bias che guidano le scelte del Cliente: la finanza comportamentale è il decodificatore anche delle non scelte del Cliente.

I bias ci aiutano anche a comprendere la reticenza degli italiani al mondo delle assicurazioni: anche grazie alle iniziative di formazione, lo scenario sta mutando e si sta comprendendo quanto sia necessario affidarsi ad un prodotto assicurativo, come ad esempio la LTC in caso di non autosufficienza.

  • L’assetto e la programmazione del business aziendale richiama la necessità di pianificare il passaggio generazionale dell’azienda: in questo caso, così come per il passaggio generazionale della ricchezza, il punto di analisi deve essere quello dei vantaggi. Il Cliente prossimo a cedere il comando deve percepire e poi assaporare il gusto di aver compiuto la scelta giusta.

 

L’essere Consulente Patrimoniale significa conoscere le fragilità e possedere la sensibilità per intuire quale strategia mettere in campo, facendo rete tra i diversi professionisti e comunicando in modo empatico con la propria clientela.

Il 2021 è appena cominciato: sta a noi raccogliere le sfide e superare gli ostacoli ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi.

 

Avv. Valentina Pignataro