Anche con le polizze vita non si può ledere la quota di legittima

La lesione della legittima si ha quando uno o più eredi legittimari ereditano una quota inferiore a quella minima loro spettante.

I legittimari sono le persone ai quali la legge riserva una quota dell’eredità del de cuius e sono: il coniuge, i discendenti (figli, nipoti), o in mancanza dei discendenti gli ascendenti (genitori o nonni).

 

La lesione della legittima avviene quando una persona, con testamento o con delle donazioni, dispone a favore di alcuni soggetti di una quota del suo patrimonio superiore alla quota disponibile stabilita dalla normativa vigente.

 

Nonostante le polizze vita non rientrino nell’asse ereditario e i beneficiari acquisiscano, in base all’articolo 1920 del Codice Civile, un diritto proprio nei confronti della compagnia assicurativa anche con le polizze vita si può ledere le quote di legittima.

 

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 3263 del 19 febbraio 2016 ha enunciato che le polizze di assicurazione sulla vita che abbiano un contenuto finanziario sono configurabili come “donazioni indirette” del contraente a favore dei beneficiari delle polizze stesse.

 

La Suprema Corte osserva che si tratta di polizze “a contenuto finanziario ed assicurativo” con le quali l’indennizzo spettante a seguito del decesso dell’assicurato viene attribuito direttamente ai beneficiari designati senza transitare attraverso l’asse ereditario.

 

La definizione di donazione indiretta non è contemplata nell’attuale legislazione, ma viene comunemente identificata in ogni atto, diverso dalla donazione contrattuale definita negli articoli 769 e seguenti del Codice Civile, con il quale il disponente con spirito di liberalità si sia impoverito arricchendo il beneficiario.

 

Nella sentenza sopra citata la Corte di Cassazione ha anche enunciato che nel contratto di assicurazione sulla vita “la designazione quale terzo beneficiario di persona non legata al designante da alcun vincolo di mantenimento o dipendenza economica deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità e costituisce una donazione indiretta”.

 

Perciò la donazione indiretta ha come elemento caratterizzante non tanto una particolare tipologia di contratto, ma il doppio effetto economico dell’impoverimento del donante e dell’arricchimento del beneficiario.

 

In caso di assicurazione sulla vita in favore di terzo l’articolo 1923 del Codice Civile indica espressamente che l’oggetto della donazione sono i premi pagati, ovvero ciò che esce dal patrimonio del disponente.

 

La Corte di Cassazione Sezione Seconda Civile già nella sentenza n. 6531 del 2006 aveva specificato che “L’unico depauperamento che si verifica nel patrimonio del contraente assicurato è costituito dal versamento dei premi assicurativi da lui eseguito in vita e, pertanto, solo le somme versate a tale titolo possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta a favore del terzo designato come beneficiario, con conseguente assoggettabilità all’azione di riduzione eventualmente proposta dagli eredi legittimi.”.

 

Perciò anche con le polizze vita c’è il rischio di ledere la quota di legittima, ma vanno considerati i premi versati e non l’importo della prestazione.

 

Inoltre, gli eredi del contraente possono invocare, sempre rispetto ai premi pagati, le norme sulla collazione e sulla riduzione delle donazioni solo per le assicurazioni vita a favore di terzi nelle quali la designazione del beneficiario sia avvenuta donandi causa, ovvero con spirito di liberalità.

 

 

 

Per stabilire se vi è stata o meno lesione della legittima bisogna:

  1. calcolare il patrimonio riunito (riunione fittizia del patrimonio);
  2. calcolare, utilizzando le percentuali della legittima, quanto sarebbe spettato ad ogni ere­de legittimario se il patrimonio caduto in successione fosse stato il patrimonio riunito;
  3. verificare se l’importo ereditato (tramite successione legittima o testamentaria) è inferiore all’impor­to calcolato al punto precedente.

 

Se l’importo è inferiore allora vi è una lesione della legittima e l’erede legittimario leso può procedere con l’azione di riduzione (articolo 533 c.c.) e/o chiedere la collazione (articolo 737 c.c.).

 

Per determinare il patrimonio riunito si deve procedere alla costituzione dell’attivo eredita­rio che comprende tutti i beni mobiliari ed immobiliari del de cuius.

 

A tale ammontare vanno sommate anche eventuali donazioni fatte agli eredi legittimari, agli altri eredi/parenti e a terzi soggetti.

Perciò, la formula è la seguente:

 

 

Riunione fittizia del patrimonio = Relictum (ciò che è stato lasciato) – Debiti + Donazioni

 

Facciamo un esempio.

Stefano muore senza lasciare alcun testamento e i suoi eredi legittimi sono la moglie e i 2 figli Marta e Carlo.

Secondo la successione legittima il patrimonio caduto in successione spetta per 1/3 alla moglie e per i restanti 2/3 ai 2 figli.

Il patrimonio all’apertura della successione è di 600K euro.

Perciò spetterebbero 200K euro alla moglie e 200K euro a ciascun figlio.

Però quando Roberto era in vita aveva donato alla figlia Marta un immobile del valore di euro 250K euro per il conseguimento della laurea e sottoscritto una polizza vita con un premio di 150K euro la cui unica bene­ficiaria era la moglie.

 

Con tali atti di disposizione Roberto ha leso la quota di legittima del figlio Carlo?

In caso di coniuge e due figli la quota di legittima è 1/4 al coniuge e 1/2 ai due o più figli.

La quota disponibile, perciò, è pari a 1/4 e può essere elargita e chiunque.

 

Il totale del patrimonio è dato da 1 milione di euro (600K + 250K + 150K).

Di conseguenza le quote di legittima sono 250K euro alla moglie (1/4 del milione di euro) e 500K euro ai figli (1/2 del milione di euro).

 

La moglie incassa 350K euro (1/3 dei 600K rimasti + i 150K della polizza), perciò la moglie non ha problemi in quanto ha più dei 250K euro che le spettano quale quota della legittima.

Anche la figlia Marta non ha problemi in quanto le spettano ben 450K euro (1/3 dei 600K rimasti + i 250K dell’immobile) e la sua quota di legittima è pari a 250K euro.

Il figlio Carlo, invece, si ritrova solamente con 200K euro (1/3 dei 600K rimasti) che sono meno dei 250K euro spettati quali quota della legittima.

Carlo, pertanto, ha diritto di pretendere dagli altri eredi un totale di 50K euro.

 

Daniele Bussola