Polizze LTC e l’attuale situazione della non autosufficienza

Le polizze Long Term Care servono per coprire le spese che si devono sostenere

in seguito alla perdita dell’autosufficienza per infortunio, malattia o vecchiaia.

 

Sono polizze vita che spesso sono proposte come garanzia complementare che affiancano altre polizze vita (come ad esempio i PIP), ma possono anche essere sottoscritte separatamente.

La copertura si attiva quando l’assicurato non può più provvedere autonomamente ai propri bisogni primari.

La prestazione viene erogata nel momento in cui si verifica l’incapacità di svolgere in modo presumibilmente permanente, anche con l’aiuto di speciali apparecchiature, un numero minimo (di solito fissato a tre) delle seguenti attività ordinarie della vita quotidiana dette Activities of Daily Living (ADL):

  1. Lavarsi: capacità di lavarsi nella vasca o nella doccia (e anche di entrare e uscire dalla vasca o dalla doccia) o lavarsi in modo soddisfacente in altro modo.
  2. Vestirsi: capacità di indossare, togliersi, allacciare e slacciare ogni tipo di indumento e, eventualmente, anche bretelle, arti artificiali o altri apparecchi protesici.
  3. Alimentarsi: capacità di ingerire senza aiuto il cibo preparato da altri.
  4. Andare in bagno: capacità di andare in bagno o comunque di mingere ed evacuare in modo da mantenere un livello di igiene personale soddisfacente.
  5. Mobilità: capacità di muoversi in casa da una stanza all’altra sullo stesso piano.
  6. Spostarsi: capacità di passare dal letto ad una sedia o sedia a rotelle e viceversa.

 

Ci sono anche altri indicatori utilizzati per stabilire lo stato di non autosufficienza di una persona, ma quello che usa l’Activities of Daily Living al momento è quello più diffuso.

A fronte del pagamento di un premio unico o periodico, l’assicurato potrà ottenere, al verificarsi di una riduzione della propria autosufficienza, una indennità in forma di rendita, oppure potrà beneficiare di determinati servizi assistenziali offerti direttamente dalla compagnia assicurativa o da una rete di cliniche, medici e/o personale convenzionato.

Le polizze Long Term Care possono essere:

  • LTC Malattia: prevedono il rimborso delle spese mediche sostenute in riferimento al massimale e un’indennità sostitutiva nel caso in cui venga meno l’autosufficienza.
  • LTC temporanee: il diritto alla prestazione si ottiene soltanto nell’eventualità in cui la perdita di autosufficienza insorga durante il periodo di validità del contratto.
  • LTC a vita intera: la copertura assicurativa è valida durante tutta la vita dell’assicurato e, di conseguenza, il diritto alla prestazione si ottiene in qualsiasi momento si verifichi la perdita dell’autosufficienza. In questo tipo di LTC il contraente assicurato è tenuto a versare i premi fino ad una certa età (ad esempio fino a 70 o 80 anni), ma la copertura è valida per tutta la durata della sua vita.

 

Inoltre, le polizze Long Term Care possono essere di due tipi, ad accumulazione o a ripartizione.

 

Long Term Care ad accumulazione

Le polizze Long Term Care ad accumulazione sono collegate al ramo vita e prevedono l’accumulo del capitale che in caso di non autosufficienza verrà convertito:

  • in un capitale una tantum;
  • o in una rendita immediata, di importo prefissato, da corrispondere fino a che sussiste la condizione di non autosufficienza.

 

I principali vantaggi di questa soluzione sono dati dal fatto che l’assicurato:

  • in caso di non autosufficienza può optare per il capitale a scadenza avendo così una maggiore autonomia su come gestire la propria non autosufficienza;
  • se non diverrà non autosufficiente avrà comunque la possibilità di rientrare in possesso almeno di una parte del capitale maturato.

 

Secondo le simulazioni dell’IVASS questa tipologia di polizza deve essere sottoscritta, se non si vuole pagare un premio estremamente elevato, entro i 45 anni in modo da avere il tempo di crearsi un proprio capitale.

 

Long Term Care a ripartizione

Le polizze Long Term Care a ripartizione sono, invece, collegate al ramo malattia e non prevedono l’accumulo dei premi versati e perciò non restituiscono nulla se non si verifica l’evento assicurato.

Il premio copre il rischio per l’anno di riferimento per cui viene pagato e, di conseguenza, sono polizze che si basano sul concetto di mutualità fra gli assicurati.

 

La prestazione che la compagnia assicurativa deve in caso di non autosufficienza può essere:

  • il pagamento di una diaria per tutto il periodo della non autosufficienza con la possibile previsione di un periodo massimo;
  • il pagamento di un capitale;
  • il rimborso delle spese sanitarie;
  • l’erogazione diretta dell’assistenza infermieristica o domiciliare;
  • il pagamento di una somma corrispondente al premio necessario per stipulare una polizza vita a premio unico necessaria per l’erogazione di una rendita vitalizia.

 

I vantaggi di questa tipologia di polizze sono costituiti da un minor costo rispetto a quelle ad accumulazione e dal fatto che sono adatte:

  • sia alle persone già anziane;
  • che per coprire i casi di non autosufficienza giovanile;

in quanto fra la sottoscrizione e l’erogazione della prestazione trascorre meno tempo, ovvero non c’è la necessità di accumulare un campitale prima che si verifichi la non autosufficienza.

 

Il professor Riccardo Cesari (Professore ordinario di Metodi Matematici per l’Economia e le Scienze Attuariali e Finanziarie dell’Università di Bologna e Consigliere IVASS) ha sottolineato che in Italia il costo annuo stimato per l’assistenza delle persone non autosufficienti è di 33 Miliardi di euro:

  • 18,2 sono a carico dello Stato;
  • 14,8 sono a carico delle famiglie.

 

Il terzo Rapporto annuale Domina (Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico) conferma che nel 2020 le famiglie italiane hanno speso 7,2 Miliardi di euro per sostenere il lavoro domestico. Aggiungendo la componente irregolare, si sfiorano i 15 Miliardi di euro.

Considerando solo l’assistenza agli anziani non autosufficienti, in uno scenario ipotetico senza l’impegno delle famiglie, lo Stato dovrebbe gestire una spesa di 11,6 Miliardi superiore a quella attuale.

 

Qual è l’evoluzione prevista per i prossimi anni?

L’allungamento della vita media amplifica i rischi di malattie debilitanti in età avanzata e il numero delle persone che hanno bisogno di assistenza sociosanitaria crescerà.

La spesa pubblica in Europa per l’assistenza a lungo termine rappresenta una quota fra il 10% ed il 20% della spesa sanitaria complessiva e si articola in spesa per anziani istituzionalizzati e spesa per cure domiciliari (homecare).

Inoltre, l’equilibrio fra sostenibilità finanziaria e domanda crescente passa attraverso l’assistenza “informale” fornita dalla rete famigliare.

 

Il Censis evidenziava che ormai la sanità in Italia è caratterizzata da uno stabile impegno economico delle famiglie e dall’erosione progressiva della spesa pubblica. Le famiglie:

  • garantiscono l’assistenza diretta in particolare con mogli e figlie in 7 casi su 10;
  • trasferiscono una parte dell’assistenza a circa 1 Milione di badanti con una spesa annua per retribuzione stimata in circa 9 Miliardi di euro.

 

Però ora il “modello italiano” scricchiola perché le spese sono finanziate con le pensioni e i risparmi degli anziani, ma:

  • 918.000 famiglie si sono tassate per pagare la badante e le altre spese;
  • 336.000 famiglie hanno dovuto dar fondo a tutti i risparmi;
  • 154.000 famiglie si sono indebitate;
  • 382.000 non autosufficienti non hanno né assistenza sanitaria né altri tipi di aiuti.

In tale quadro il SSN e il welfare in generale non sono né pronti né adatti a coprire i fabbisogni assistenziali complessi dei non autosufficienti. Non a caso il 56% degli italiani è insoddisfatto dei servizi sociosanitari per non autosufficienti.

 

Recentemente il Centro Cergas dell’Università Bocconi ha pubblicato il “4° Rapporto Osservatorio Long Term Care” dal quale emerge che in Italia vi sono ben 3,8 Milioni di persone over 65 non autosufficienti. Circa 1 Milione in più rispetto alle precedenti rilevazioni Istat.

La sanità pubblica non riesce a far fronte al problema e i gestori privati si trovano in forte difficoltà per la carenza di personale qualificato in quanto mancano:

  • il 25% degli infermieri;
  • il 20% dei medici;
  • il 13% degli operatori sociosanitari.

Inoltre, le politiche degli ultimi anni hanno portato ad una riduzione della formazione di queste figure professionali. Intervenire oggi vuol dire, come sottolineato dalla professoressa Elisabetta Notarnicola della SDA Bocconi, vedere i primi risultati, intesi come nuovi professionisti che inizieranno ad operare, non prima di 4 anni.

La ricerca Censis-Assindatcolf “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia” mette in evidenza il fatto che il 58,5% delle famiglie italiane per assistere un proprio familiare anziano o non autosufficiente preferiscono le badanti rispetto alle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).

Il 58,5% delle famiglie preferisce tenere in casa il congiunto non autosufficiente e le motivazioni sono da ricercare:

  • nell’impossibilità di riproporre all’esterno della propria casa le attenzioni rivolte alla persona anziana o non autosufficiente (59%);
  • nella convinzione che il distacco dalla propria abitazione produrrebbe effetti negativi sul familiare da assistere (20,9%);
  • nella difficoltà a sostenere la retta di una RSA (9,1%).

Avere in casa una persona anziana o non autosufficiente significa dedicarle continuamente cure e attenzioni da parte dei caregiver familiari, ovvero da parte di quelle persone che prestano assistenza gratuita e quotidiana ad un proprio parente non autosufficiente.

Secondo la ricerca, per il 53,4% delle famiglie è diventato prioritario alleviare anche la fatica che grava sui caregiver attraverso l’intervento di personale esterno.

Per quanto riguarda le strutture residenziali, l’Italia è il Paese dell’Europa a 15 che, ad eccezione della Grecia, ha la minore percentuale di posti letto. Nel 2018 i posti letto in strutture residenziali ogni 100 persone over 65 erano:

  • 5,4 in Germania;
  • 5 in Francia;
  • 4,4 nel Regno Unito e in Spagna;
  • 3,9 in Danimarca;
  • 1,9 in Italia.

Però, va detto, che in Italia si registra la presenza di strutture residenziali in prevalenza rivolte ad anziani che si trovano in condizioni particolarmente critiche.

Bisognerebbe sviluppare anche la cosiddetta residenzialità leggera, cioè delle strutture residenziali intermedie destinate ad anziani in condizioni di salute meno gravi.

Inoltre, la maggior parte degli utenti che riceve assistenza a casa usufruisce di un numero molto esiguo di visite e per periodi di tempo molto limitati.

Ad esempio, sono solo 18 le ore annue dedicate ad ogni persona non autosufficiente.

Guardando al futuro emerge che il trend di crescita degli anziani, in atto già da tempo, continuerà a crescere e la maggioranza dei non autosufficienti si concentrerà tra le persone con più di 80 anni.

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2050 ci saranno molti più nonni che nipoti, gli over 60 passeranno da 650 Milioni a 2 Miliardi.

In questo panorama l’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior indice di invecchiamento che significa anche maggior crescita per le spese di cura per anziani.

In Italia ben 7 persone su 10 nella fascia tra i 65 e i 74 anni fanno ampio ricorso ai servizi sanitari. Questa necessità si scontra però con le carenze della sanità pubblica, le difficoltà nel prenotare visite ed esami in tempi utili o ragionevoli.

La pandemia da Covid-19 ha messo in discussione i sistemi di protezione sociale in tutta Europa e, al contempo, ha evidenziato i limiti dei sistemi di assistenza LTC.

Nei prossimi anni, la spesa per l’assistenza LTC aumenterà a causa, soprattutto, del progressivo invecchiamento della popolazione.

Nonostante tutto questo vi è ancora un ricorso limitato alle forme di assistenza sanitaria integrativa.

 

Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, afferma che la sanità complementare svolge un ruolo cruciale sia per i singoli sia per lo Stato, ma gli italiani non ne hanno ancora compreso appieno le potenzialità in termini sia di risparmio sia di efficienza dei servizi prestati per cura e prevenzione.

 

Di fronte anche a questa situazione è evidente che la sfida per un welfare in grado di sostenere la richiesta delle famiglie non sia semplice.

Con la sottoscrizione di un’assicurazione LTC si ottiene una rendita vitalizia il cui valore è stabilito su base forfettaria e può variare in base al grado di autosufficienza raggiunto.

In alternativa alla rendita è possibile accedere a servizi specifici e sostitutivi dell’indennità quali:

  • pagamento di una somma di capitale;
  • assistenza diretta presso istituti o strutture convenzionate;
  • rimborso spese per le prestazioni di assistenza ricevute.

Le polizze Long Term Care sono uno strumento di tutela molto importante considerato l’innalzamento della vita media, la percentuale e il numero di non autosufficienti e il fatto di non poter più contare con certezza, come fatto dalle generazioni passate, sui figli, sulle nuore e sul Servizio Sanitario Nazionale.

 

Daniele Bussola

Vice Presidente Verona

Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali