OROLOGI: SFIZI O ASSET? E’ UNA QUESTIONE DI TEMPO!

Alcuni oggetti possono essere definiti “eterni”.

Sia per via della loro natura, che per il legame sentimentale creatosi con essi.

Tra la pluralità di beni raggruppabili in questa categoria vi sono sicuramente oltre alle opere d’arte, classiche e contemporanee, i segnatempo da polso.

Il mercato dell’alta orologeria, o come direbbero in Svizzera “haute horlogerie”, vanta un fatturato globale di oltre 50 miliardi di franchi ed un predominio nei pleasure asset maschili, tuttavia esso rappresenta in modo del tutto marginale la situazione complessiva dei possedimenti privati di collezionisti ed appassionati. Proprio come nel mondo degli investimenti è infatti possibile parlare di “risparmio privato” inteso non solo come accantonamento di lungo periodo, ma anche come forma d’investimento ponderata.

Attualmente però, il posizionamento degli italiani è pressoché analogo a quello dell’ambito finanziario, emergono infatti possedimenti tra i più elevati d’Europa caratterizzati da una scarsa gestione patrimoniale, direttamente riconducibile ad un basso livello di sensibilità individuale.

Generalmente in Italia l’acquisto di un orologio di fascia medio alta tra i 3 e i 30 mila euro avviene in concomitanza di un evento caratteristico della propria vita, ad esempio: il compimento dei diciotto anni, il conseguimento della laurea o una promozione lavorativa. Purtroppo però, l’oggetto acquistato troppo spesso viene identificato come un gioiello asettico, ostentativo, che voglia definire uno status symbol o un traguardo di successo e che non possa in alcun modo costituire una componente di carattere patrimoniale, al pari di un abito griffato! Ma è davvero così? E’ questo il concept che si cela dietro la manifattura di un grande orologio? Decisamente no!

Un noto slogan recita: “un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce e si tramanda”. Curioso vero?

Una tra le più grandi aziende mondiali dell’orologeria incentra il proprio marketing sul passaggio generazionale e sulla relativa custodia del patrimonio familiare identificandolo in un “comune” orologio. A primo impatto capisco possa sembrare un’enfatizzazione del prodotto frutto di una scelta aziendale assai astuta, i numeri però parlano chiaro, ed il fenomeno del “sopra listino” conferma l’unicità di un prodotto assolutamente degno del proprio slogan. Oltre a Patek Philippe, diversi brand hanno generato fenomeni altrettanto interessanti come ad esempio la corsa ai “nos” di maison Rolex o agli “allunaggi” di maison Omega, fenomeni che permettono non solo di sfruttare ampi rialzi di prezzo, ma anche di strutturare vere e proprie collezioni finalizzate non solo all’immobilizzazione del denaro, ma anche al conseguimento di rendimenti sfiziosi.

Non vi sono ragioni per cui in un patrimonio strutturato non vi debba essere una componente di denaro immobilizzata mediante l’acquisto di orologi o per cui famiglie comuni, che per lasciti ereditari o acquisti di gusto abbiano assimilato alcuni di questi oggetti, non debbano assecondarne la valorizzazione e la rispettiva monetizzazione attraverso competenze manageriali verificate. Possedere un orologio significa infatti possedere un vero e proprio asset il cui valore risulta essere frutto di una corretta o errata gestione a fronte delle condizioni proposte dal mercato. Possedere un segnatempo di rilievo costituisce un valore aggiunto al patrimonio familiare, un valore non solo economico, ma anche culturale.

Attraverso la valorizzazione del bene ed il suo passaggio generazionale è possibile infatti intraprendere un percorso di sensibilizzazione patrimoniale che in breve tempo può ampliare il bagaglio culturale dell’interessato in modo sano e virtuoso.

Attenzione però, non è oro tutto ciò che luccica! Anzi…

Il mondo dell’orologeria è caratterizzato da tante piccole finezze, è complesso, per alcuni tratti unico, una realtà in cui i pregi spesso diventano difetti e gli errori invece pagano in contanti, insomma un mondo in cui proprio come quello degli investimenti è meglio addentrasi accompagnati da una figura consulenziale autentica.

 

Dr. Aaron Di Stasio