La società semplice: … due parole sulla fiscalità, i suoi utilizzi innovativi …e interessanti prospettive per il futuro..

Abbiamo già ragionato sulla struttura delle norme fondamentali che interessano la “società semplice” e la rendono uno strumento da rivalutare nel contesto di quelli utilizzabili nell’ambito della gestione dei patrimoni, anche con finalità protettive.

Un crescente interesse è stato dimostrato da più parti nei confronti di questo strumento giuridico negli ultimi anni, e non può essere disconosciuto che tale reviviscenza di attenzione sia anche, in qualche modo, ingiustificata ove sia basata esclusivamente su una sorta di presa di posizione che potremmo dire “ideologica”. Va sottolineato però che il modello della società semplice vanta in Italia una lunghissima e provata esperienza fattuale che l’ha giustamente fatto ritenere storicamente uno strumento principe fra quelli utilizzabili per le esigenze di gestione patrimoniale.

Avendo bene in mente, quindi, questo scenario che ci colloca come utilizzatori neutrali, ma consapevoli, di più strumenti fra quelli disponibili, senza privilegiarne nessuno in particolare, né ponendoci quali sponsor di taluno di questi per motivi ideali o culturali, esaminiamo, molto sinteticamente, due aspetti:

  • il trattamento fiscale in materia di imposte dirette della società semplice;
  • l’utilizzo moderno della società semplice quale trustee di un unico trust.

Per le imposte dirette vale la considerazione che la società semplice, benché entità societaria, diversa ed “altra” rispetto alla sua base sociale non è trattata come tutte le altre società dal TUIR. Il suo reddito complessivo è determinato infatti, quasi come quello di una persona fisica e cioè quale sommatoria delle varie categorie reddituali previste dal testo unico stesso. Si ritiene, normalmente, e con posizione condivisibile, che la società non realizzi mai “reddito d’impresa” perché ciò confliggerebbe con la circostanza di non poter svolgere “attività commerciale”. Quindi reddito complessivo formato dalla somma di redditi fondiari, di capitale e diversi. L’attribuzione ai soci (ipoteticamente sia persone fisiche, sia soggetti diversi) avviene sulla base del c.d. principio di trasparenza, imputando cioè la quota di reddito calcolata ex ante secondo le regole dell’art. 8 comma 1 del TUIR ai soci stessi, affinché questi possano indicarla all’interno della propria dichiarazione dei redditi al fine di calcolare e versare le relative imposte dovute (alternativamente IRPEF o IRES in funzione della tipologia di socio).

Nel caso di soci “persone fisiche” il trattamento del reddito loro attribuito dalla società semplice segue quasi i medesimi schemi e le stesse regole che risulterebbero utilizzabili ove gli stessi redditi fossero prodotti direttamente dal socio stesso.

… quasi tuttavia, perché alcuni distinguo sono necessari.

Si usa ricordare che la società semplice, ad esempio, non può utilizzare il regime fiscale della c.d. “cedolare secca” in materia di locazioni, ma è vero, però che le norme in materia di trattamento ordinario dei redditi fondiari e dei redditi diversi (fra cui la nota inesistenza di presupposto impositivo per le plusvalenze dei fabbricati posseduti da oltre cinque anni) sono applicabili sostanzialmente integralmente.

V’è da dire che esistevano due ambiti di importante divergenza rispetto al trattamento impositivo a carico delle persone fisiche, l’uno che implicava una profonda inefficienza dello strumento “società semplice” riferito al trattamento dei dividendi distribuiti da società partecipate dalla medesima e l’altro che permetteva, invece, una ottimizzazione derivante dall’inapplicabilità alla società stessa di IVAFE e IVIE. Con riferimento ad entrambe le tematiche sono intervenute due norme:

  • l’art. 32 quater del DL n. 124/2019 modificato, recentissimamente, dall’art. 28 del DL n. 23/2020 (normativa questa in materia di “emergenza Covid 19”, ma che ha trovato lo spazio anche di occuparsi appunto di società semplice), e
  • l’art. 1 co. 710 e 711 della Legge n. 160/2019.

Di fatto, senza per nulla entrare in un tecnicismo in questa sede esuberante, è stata eliminata l’inefficienza in materia di dividendi e soppresso il “vantaggio” di non essere obbligati al pagamento delle imposte su attività finanziarie ed immobili posseduti all’estero per il tramite della società.

Questa operazione di “riallineamento” all’equità implica, di fatto, l’eliminazione di svantaggi e vantaggi palesi riportando la possibilità di utilizzo dello strumento giuridico nell’alveo di valutazioni concernenti i key drivers dell’interesse che, in un’altra breve nota avevo indicato essere quelli relativi: al controllo, alla protezione, alla reversibilità e alla riservatezza.

Nel contesto di uno strumento che fiscalmente, a questo punto, può essere considerato quanto meno neutro, cioè posto a pari livello rispetto ad altri in termini di efficienza, un utilizzo innovativo (… ma già ragionevolmente testato) è quello per il quale la società semplice è indicata quale “trustee” di un unico trust. Si può argomentare e ritenere infatti che tale possibilità non implichi per nulla la manifestazione dello svolgimento di un’attività “commerciale”, in quanto tale “vietata”.

L’ipotesi allora di attribuire la qualifica di “trustee” di un trust di famiglia ad una società semplice avente quale base sociale, ad esempio, e alternativamente:

  • alcuni professionisti di fiducia del disponente, oppure,
  • un professionista di fiducia del disponente ed una trust company professionale, avente forma di società di capitali, indicata come candidata all’acquisizione dell’incarico di amministratore all’emersione di determinate condizioni, o ancora
  • un professionista di fiducia del disponente e un famigliare,

rappresenta un modello di strutturazione di un trust che permette, in taluni casi, di rendere maggiormente flessibile la gestione del fondo in esso segregato e il perseguimento delle finalità programmatiche indicate dal disponente.

Il modello non si pone in alcun modo in antitesi con l’opportunità di utilizzare una trust company professionale, eventualmente anche dotata del massimo grado di reputazione, ma al contrario completa lo spazio delle possibilità a disposizione del disponente. Nell’ambito della scelta di un trustee effettuata da un disponente infatti, in particolare avendo a riferimento un trust interno italiano, si possono individuare due estremi ideali; da un lato v’è il medesimo disponente (nel caso di un trust auto dichiarato) o un amico di famiglia del medesimo (come spesso nei trust di matrice anglosassone tradizionale), dall’altro si collocano entità grandemente specializzate di emanazione bancaria. Fra questi due periferie ideali v’è una vasta possibilità di scelte fra loro differenziate talora da sfumature. Ora, è evidente che ognuna delle alternative, considerate ovviamente sulla base di un pre-requisito di regolarità dell’attività del trustee, implica un diverso grado di flessibilità operativa. La società semplice trust company di un unico trust, talora, riesce a cogliere l’opportunità e necessità di un approccio specializzato nell’ambito delle competenze in materia di trust (fornibile dal socio professionista o trust company specializzata) con l’apprezzabile possibilità che un vero “amico di famiglia” del disponente assuma l’incarico di trustee (partecipando anch’egli alla base sociale della trust company famigliare) assumendo il ruolo di vero conoscitore anche delle dinamiche famigliari sottese al trust stesso.

Come sempre nell’ambito dei trust i dettagli rappresentano elementi fondamentali e non esistono soluzioni preconfezionate, ma la possibilità di creare una struttura come questa offre possibilità da indagare e approfondire, qualora la scelta di istituire un trust fosse interessante o utile per il cliente che si ha di fronte.

… prima di pensare alle “fondazioni di Malta”, che pure forniscono interessanti prospettive per il futuro” come ne “Il ragazzo di campagna” di Pozzetto (genere vintage oramai, cfr. https://www.youtube.com/watch?v=w_rSa7t4OSE), vale la pena veramente di rivalutare strumenti nostrani, antichi e consolidati, osservandoli e usandoli con l’occhio sereno e concreto di colui che tra un martello e una mazza sceglie lo strumento che funziona meglio per gli scopi che vuole ottenere.