La recente sentenza della Cassazione del 04 marzo 2022 ha ribadito che i debiti assunti nell’esercizio dell’attività d’impresa o a quella professionale non assolvono di norma ai bisogni familiari sottesi al fondo patrimoniale, mentre può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta e immediata
Del fondo patrimoniale se ne parla a cicli costanti e devo dire: ben venga.
Significa che il tema della pianificazione patrimoniale è monitorato dalla magistratura e che, nel merito dello strumento, la clientela richiede protezione patrimoniale e i professionisti utilizzano, tra gli altri, il fondo patrimoniale.
Cionondimeno, questo strumento, anche al pari di altre strategie di segregazione patrimoniale, può presentare implicazioni perniciose che sono frutto di una errata applicazione.
Comincio quindi dalla conclusione: le pronunce della giurisprudenza, incluse quelle della Cassazione, sono orientate nel ritenere che il vincolo di impignorabilità proprio del fondo si scioglie quando quest’ultimo è progettato con fini contrari a quelli della legge.
Allora, conviene leggere le norme che disciplinano lo strumento.
In sintesi, gli articoli che vanno dal 167 al 171 del codice civile prevedono che i coniugi (quindi sono escluse le coppie di fatto e i conviventi) possono proteggere i beni della famiglia vincolandoli all’interno del fondo patrimoniale.
I beni possono essere immobili, mobili registrati come autovetture, motoveicoli, aerei e imbarcazioni e titoli di credito comprese le azioni di società; questi beni devono essere impiegati per la famiglia così come indicato dall’art. 168, 2 comma codice civile.
Ma perché viene costituito il fondo? Per tutelare i beni che vi sono inseriti da eventuali e future aggressioni.
La tutela però non è a 360°, non è su tutti i debiti e non si realizza nell’immediato.
Innanzitutto, solo i debiti contratti per adempiere alle necessità familiari danno diritto al creditore non pagato di attivare una procedura esecutiva su beni del fondo, ad esempio il pignoramento sulla casa ivi inserita.
Al contrario, se il debito ha natura diversa, il creditore deve agire su beni extra fondo patrimoniale.
Quanto al tempo, la legge prevede che nei primi 5 anni dalla sua costituzione, il fondo può essere dichiarato inefficace tramite azione revocatoria.
Questo può succedere però, solo se i coniugi lo hanno costituito con il fine di sottrarre le garanzie ai debitori; si tratta di un intento fraudolento che infrange il disposto dall’art. 2740 del codice civile circa la responsabilità patrimoniale del debitore.
Inoltre, il vincolo di impignorabilità sui beni nel fondo è efficace solo dopo il primo anno: il creditore che trascrive nei pubblici registri il suo pignoramento entro l’anno successivo alla costituzione del fondo stesso, può procedere all’azione esecutiva.
In pratica, se i coniugi tramite atto notarile del 15 marzo 2022, hanno inserito nel fondo la propria abitazione e il 15 marzo 2023 il creditore inizia il pignoramento con trascrizione nei pubblici registri, questa azione esecutiva è valida e l’abitazione della famiglia è in pericolo.
Il requisito temporale non è oggettivamente un limite: si tratta di una misura di protezione a dei creditori, come le banche.
Come ripetiamo nei nostri convegni e durante le consulenze con i clienti, le azioni di protezione patrimoniale devono essere messe in campo per tutelare i beni quando il mare è calmo e in assenza di tempeste.
Fatte dopo, sono contrarie alla legge e c’è molto poco spazio per le interpretazioni.
Diverso è invece il discorso per la locuzione “debiti contratti per i bisogni della famiglia”. Si tratta di un concetto “elastico” al cui interno la giurisprudenza ha negli anni incluso praticamente ogni debito, fino al punto da rendere trasparente il vincolo impresso sui beni inseriti nel fondo e quindi inutile lo strumento.
Prendiamo la sentenza della Cassazione del 2013 n. 4011: era considerato debito per i bisogni della famiglia il contratto di credito sottoscritto verso la banca da parte dell’imprenditore il cui coniuge è estraneo alla gestione dell’impresa facendo leva sulla tesi secondo cui il potenziamento dell’azienda ottenuto grazie al finanziamento, è collegato funzionalmente ai bisogni della famiglia.
Passiamo ai debiti erariali: le tasse non pagate possono giustificare l’aggressione dei beni del fondo?
Sì, secondo la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 n. 4593. Per i giudici di allora, ciò che è stato occultato al fisco è servito per sostenere la famiglia.
Di allora, perché nel frattempo l’orientamento è mutato.
La Cassazione, con l’ordinanza del 2021 n. 1574, ha affermato che bisogna verificare se l’obbligazione tributaria nasce da fini speculativi o da necessità di sostentamento.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate aveva iscritto ipoteca sui beni del fondo per debiti tributari relativi alla partecipazione di una srl in cui il contribuente in questione partecipava come socio di capitale.
Questo orientamento, pienamente condivisibile, è stato riproposto anche di recente, con la sentenza del 4 marzo 2022 n. 7232.
Sempre la Corte di Cassazione ha ribadito che i debiti assunti per l’esercizio dell’attività di impresa o quella professionale non assolvono di norma al sostentamento della famiglia sottesi al fondo patrimoniale, mentre può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta e immediata
Sono debiti, quindi, indirettamente collegati alla famiglia e di conseguenza non possono giustificare l’aggressione sui beni del fondo.
Questo significa per noi e per i nostri clienti che il fondo patrimoniale è uno strumento da prendere in considerazione per dare vita a strategie di protezione patrimoniale sempre che se ne conoscano limiti e opportunità.
Riccardo Miazzo
Consigliere ANCP – Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali