LA PIANIFICAZIONE PREVIDENZIALE, COLONNA FONDAMENTALE DELLA PIANIFICAZIONE PATRIMONIALE

La pianificazione previdenziale, nel passato, poteva contare su alcune certezze che connotavano la vita delle persone. Spesso infatti c’erano percorsi professionali lineari e prevedibili, con durate sufficientemente certe. Ciò consentiva di pianificare con una ragionevole efficacia il progetto previdenziale.

Si iniziava dal tenore di vita durante l’attività lavorativa, si stimava quale sarebbe stata la copertura nel sistema pubblico e/o delle varie casse di categoria, da qui si ragionava su quanto si doveva integrare tale previsione per mantenere un tenore di vita in linea con i desiderata.

Certamente vi erano, già nel passato, alcune cose ponderabili solo in parte, come l’inflazione e la contribuzione potenziale storica dell’andamento dei mercati all’incremento del capitale. Oggi, ferme queste aleatorietà, le ragionevoli certezze del passato sono state spazzate da percorsi professionali sempre più discontinui, con una frequente alternanza fra lavoro autonomo e dipendente, infine non vi è certezza della data effettiva di accesso al sistema pensionistico.

Evidentemente, pianificare chirurgicamente l’aspetto previdenziale, diventa oggi ancora più complesso. Aggiungiamo a ciò alcune situazioni contingenti quali la revisione dei coefficienti introdotti dal 1 gennaio 2021 per l’applicazione del metodo contributivo stabilita dall’Inps e possibili periodi di inoccupazione o diminuzione significativa della capacità di accantonamento dell’era Covid.

 

Alcune certezze:

  • Le aspettative di vita che si allungano;
  • Lo stato di difficoltà in cui versa la previdenza pubblica;
  • La normativa pensionistica sarà oggetto di revisioni nel tempo
  • L’effetto positivo che la capitalizzazione degli interessi finanziari ha nel tempo;
  • Il reddito da immobili può essere solo una parte e non il tutto del proprio progetto previdenziale;
  • Ogni fase di vita richiede strategie previdenziali diverse perché il tempo è una variabile fondamentale;
  • È necessario diversificare gli accantonamenti previdenziali e aggiornarne la composizione in base le età.

 

Aggiungo un’ultima certezza, la necessità di affidarsi ad un consulente che sia in grado di:

  1. valutare la fase di vita del cliente e quindi, se ad esempio, si dovrà gestire un accantonamento tardivo;
  2. valutare quanto ragionevolmente il cliente andrà a incassare dall’Inps/Casse in relazione al criterio di calcolo:
    1. retributivo;
    2. parzialmente misto;
    3. misto;
    4. contributivo.
  1. ragionare insieme con il cliente rispetto alle sue effettive attese in termini di stile di vita una volta in quiescenza;
  2. valutare la capacità di risparmio che il cliente è in grado di esprimere;
  3. ponderare altre fonti di reddito che nel futuro potranno contribuire nella fase di fine lavoro;
  4. stimare se vi siano rischi potenziali di aggressione patrimoniale da parte di terzi (attività professionale, situazione familiare…) e conseguentemente quanto la scelta previdenziale possa contribuire a mitigarli;
  5. aggiornate costantemente la situazione del cliente intervenendo sul mix di prodotti previdenziali individuati.

Evidentemente questo è l’ambito tipico di un “consulente patrimoniale”, il professionista in grado di supportare il cliente nella tutela, valorizzazione e trasferimento del patrimonio complessivo.

 

Riccardo Miazzo