La società semplice: una struttura “semplice”, ma potente … e poco conosciuta … … un primo assaggio: parte 1

Non è insolito, nell’ambito dell’attività professionale, imbattersi in consulenti che, in qualche modo, “disdegnano” la società semplice relegandola ad un ruolo meramente marginale e pensato come rilevante per il solo contesto agricolo.

È possibile che ciò dipenda dalla circostanza che nei corsi di diritto commerciale, benché sia detto che la società semplice rappresenta il modello strutturale per il contratto di società, la si affronti spesso velocemente e solo quale ponte ideale per proiettarsi verso l’esame delle altre forme societarie (effettivamente più frequentemente utilizzate), di persone (snc e sas) e di capitali (spa, sapa e srl).

Sul lato opposto si collocano coloro che, talora con sdegno, la relegano come “trust dei poveri”, attribuendole sì un ruolo nel contesto degli strumenti di wealth management che il consulente patrimoniale deve conoscere, ma marginalizzandola rispetto al più nobiliare trust, che per il vero a ragione, ha saputo guadagnarsi, nel corso degli ultimi venti anni, la posizione di maggior rilievo e prestigio in questo contesto.

Nella scatola degli attrezzi del consulente patrimoniale però la funzionalità della società semplice deve essere adeguatamente valorizzata in tutte le sue potenzialità.

Anzitutto si tratta di uno strumento effettivamente “semplice”, basato cioè su poche regole contenute negli articoli dal 2251 al 2290 del codice civile, sostanzialmente invariate dal 1942 e per le quali esiste un approfondito esame dottrinale e giurisprudenziale stratificatosi lungo un periodo di quasi ottant’anni.

La società semplice, che nasce per svolgere solo attività diverse da quelle commerciali, può comportare, inoltre, una rilevante efficienza in termini fiscali se solo si consideri che, dal punto di vista delle imposte dirette, valgono, sostanzialmente, le medesime regole delle persone fisiche. Ciò implica, ad esempio, e banalmente, la non imponibilità delle plusvalenze immobiliari riferite a fabbricati posseduti da più di cinque anni. Inoltre benché i beni posseduti dalla società godano di una schermatura rispetto ai soci, appunto conseguente all’esistenza della struttura societaria, quest’ultima non subisce il maleficio derivante dalla normativa c.d. delle “società di comodo”.

Devono essere sottolineate le ottime possibilità di riservatezza in merito alla qualità dei soci, pur, ovviamente, dovendo sottostare, la società, alle verifiche e agli adempimenti previsti dalla normativa antiriciclaggio. Infine, le circostanze relative alla possibile reversibilità delle scelte e ad una buona possibilità di mantenerne il controllo da parte dei fondatori o disponenti (risultati che difficilmente sono ottenibili tramite utilizzo di altri strumenti con i medesimi effetti) completano sinteticamente questo scenario. La società semplice cioè, fornisce uno strumento con il quale alcuni parametri di valutazione di uno strumento di gestione patrimoniale sintetizzabili in: (1) protezione, (2) controllo, (3) reversibilità, (4) riservatezza e (5) ottimizzazione fiscale, trovano una buon equilibrio e un ragionevole compromesso di coesistenza fra loro.

Questa versatilità, e le sue caratteristiche strutturali, rendono non casuale che nel corso degli anni numerose importanti e blasonate famiglie appartenenti al gotha dell’economia industriale e finanziaria italiana abbiano utilizzato la società semplice, pur unitamente ad altri strumenti giuridici, per la gestione di importanti patrimoni immobiliari e mobiliari.

Non sono infrequenti, nell’esperienza italiana, utilizzi della società semplice quale “family trust company” di un unico trust famigliare, tramite il quali farle assumere la qualifica di trustee di un trust famigliare coinvolgendo nella compagine sociale uno o più professionisti di fiducia ed eventualmente un membro della famiglia interessata, ottenendo comunque effetti di terzietà del trustee tali da garantire la genuinità del rapporto giuridico creato.

Non va inoltre sottovalutata la possibilità offerta dall’art. 2267 del codice civile, secondo cui taluni soci possono godere della “responsabilità limitata”, facendo in modo di portare a conoscenza dei terzi con mezzi idonei il patto che regola tale circostanza.

È talora ipotizzabile, inoltre, l’ottimizzazione dell’utilizzo della società semplice quale “special purpose vehicle” posseduto da società di capitali, ai sensi dell’art. 2361 del codice civile, per effettuare acquisizioni secondo un modello di riservatezza altrimenti difficilmente perseguibile.

… c’è molta carne sul fuoco, di questo e altro parleremo presto.

 

di Massimo Piscetta